Uno sguardo

Quella volta che... Io e Andrea

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L'indomani sarebbe stato ferragosto. Andrea mi chiamò per invitarmi a passarlo con lui. Non era la prima volta che passavamo insieme i giorni di festa, ma la novità era che si era fatto prestare un motoscafo e voleva farmelo provare. L'idea era di fare un bel giro sul lago per tutto il pomeriggio e poi la sera avremmo assistito allo spettacolo dei fuochi d'artificio. Io non avevo mai avuto l'occasione di andare su una barca a motore, quindi accettai subito e sapevo che ci saremmo divertiti come sempre.
Il giorno seguente venne a prendermi dopo pranzo. Mia madre mi fece mangiare prima del solito. Lei mi sdraiò sulla mia speciale carrozzina, simile ad una mini barella e mi collegò il tubo del respiratore automatico, dato che da tempo non riuscivo a respirare autonomamente per più di qualche minuto. Mi sistemò anche tutti i cuscini necessari e mise in carica le batterie della macchinetta. Quando Andrea arrivò bevemmo un caffè e poi uscimmo di casa ed andammo verso il nostro pulmino attrezzato, il quale mi era stato regalato qualche anno prima da tanti amici con una grande festa, proprio per permettermi di uscire comodamente. Andrea mi fece salire a bordo azionando la pedana elettrica. Mi ancorò al pavimento con delle cinghie particolari, poi accese lo stereo e partimmo. Mi è sempre piaciuto viaggiare abbastanza velocemente e questo il mio amico lo sapeva bene, perciò limitando ragionevolmente la prudenza, percorremmo l'autostrada intorno ai 140 km/h o più, mentre ridevamo di goliardiche storie e mi sentivo leggero in un giorno più facile.
Arrivammo al cantiere nautico situato in un piccolo paese. L'ambiente era molto tranquillo, ricco di verde, con tanti alberi e circondato dallo splendido lago Maggiore.
La barca era ormeggiata in riva al cantiere sul piccolo molo. Per farmi salire a bordo Andrea mise sul sedile posteriore il mio materassino morbido, poi prendendomi fra le sue braccia mi sollevò dalla carrozzina cercando di non stringermi troppo e scavalcando con leggera fatica il bordo della barca, riuscì a portarmi dentro l'abitacolo e mi sdraiò sul sedile più lungo, voltandomi sul fianco sinistro: esattamente come stavo sempre a casa, perché quella era l'unica posizione comoda. Lui fu davvero molto abile e con delle manovre certosine riuscì anche a posizionarmi perfettamente i vari cuscini, infine mi ricollegò al tubo del respiratore che aveva fissato accanto a me. Tutte quelle azioni le aveva apprese guardando come mi assistevano i miei genitori dopo tanti anni di frequentazione, ma era la sua volontà di potermi aiutare ciò che lo rendeva così capace.
Partimmo con il pieno di benzina, alcuni CD masterizzati per l'occasione e ovviamente qualche birra fresca oltre alle mie sigarette, dunque posso affermare che quel giorno, a parte le solite belle ragazze disponibili, non ci mancava proprio nulla.
Mise in moto e accelerò subito per farmi sentire la potenza di quel motore che sprigionava parecchi cavalli. Era divertente andare forte e la barca iniziò ad impennarsi, così sentivo la forza dell'acqua che urtava lo scafo a prua e mi pareva in alcuni istanti di saltare e danzare su quello specchio della natura. Girammo la zona in lungo e in largo e mi mostrò alcuni punti più caratteristici di quel lago, i quali visti da un'imbarcazione si ammirano molto meglio. Dopo qualche ora ci fermammo alcuni minuti per mangiare qualcosa. Andrea mi imboccò qualche pezzetto di cracker molto lentamente, e con tante pause mi diede da bere con una cannuccia. A tratti pareva che mi accudisse come un bambino, ed in effetti le sue attenzioni ogni volta che uscivamo erano molteplici, ma nonostante la mia fragilità mi ha sempre considerato alla pari di qualsiasi altro fottuto amico, con tutti i pregi e i difetti, solo che ero un po' più complesso.
Quella sera guardai il tramonto con una pace immensa. Certe immagini non le scorderò mai e sono terapeutiche nei momenti più duri, perché trasmettono sensazioni indescrivibili, com'era unico il clima di fratellanza e di leggerezza che si era creato fra noi.
Lo spettacolo pirotecnico stava per iniziare, quindi ci dirigemmo verso il resto del pubblico per cercare un posto in prima fila. Divenne buio e il fresco iniziava a farsi sentire. Le luci delle altre barche e quelle lontane dei paesi a riva, creavano una cornice splendente. L'acqua rifletteva tutti i colori e i fuochi d'artificio sparati in cielo andavano a disegnare forme colorate strabilianti, così riuscii a vedere magnificamente l'intero show.
Il meglio però stava per arrivare. Verso l'epilogo dell'esibizione, il mio amico ebbe la buona intenzione di spostarmi per offrirmi una visuale ancora migliore. Per non darmi alcun fastidio lo fece però senza staccarmi il tubo del ventilatore polmonare che faceva trazione, perciò mentre mi sollevò la piccola cannula tracheale uscì dalla sede senza che ce ne accorgessimo. La macchina improvvisamente andò in allarme e si mise a suonare. Dopo aver cercato di capire la causa, Andrea mi disse che vedeva un piccolo tubo fuoriuscire dal mio collo. Cercando di mantenere la calma riflettei e risposi che quella poteva essere la cannula, ma che doveva essere all'interno e non in bella vista. Gli dissi quindi di provare a spingerla dentro nel foro della garza sterile, e gli dissi anche che non avrebbe dovuto preoccuparsi se nella spinta fosse uscito un po' di sangue, solo che quella frase ovviamente lo preoccupò ancora di più. Lui pensò un attimo se dover chiamare il soccorso medico d'emergenza, ma data la situazione un po' caotica e grazie alla sua determinazione, decise di provarci e delicatamente riuscì a reinserire quella piccola cannula nel piccolo foro della tracheotomia, nonostante lo fece con la sola luce di un accendino e con la barca che oscillava visibilmente. Non ebbi alcun dolore e nemmeno alcun mancamento. Egli fu bravo praticamente quanto un rianimatore e io mi resi conto solo dopo che ci era andata davvero bene, dato che normalmente quell'operazione la svolgevamo a casa con tutta una serie di minuziosi preparativi. Per fortuna in pochi minuti fu tutto risolto. La macchina smise di suonare e l'aria nei polmoni riprese a fluirmi correttamente. Lo spettacolo comunque era finito e navigammo a manetta verso il cantiere per il ritorno. Nel tragitto ci rilassammo e ce la ridemmo su, fumandoci ancora un'ultima Marlboro.
Ormeggiammo la barca e mi riprese in braccio per rimettermi sulla carrozzina rimasta sul porticciolo. Rimise me e tutto il resto sul furgoncino e tornammo a casa che era notte. Raccontammo ironicamente ai miei la giornata ed eravamo entrambi soddisfatti per com'era trascorsa, poi ci salutammo e mi promise che in barca ci saremmo tornati presto: ovviamente dopo poche settimane mantenne la promessa comprandosi lui una barca a motore e coinvolse anche qualche simpatica amica.
Ferragosto era finito e mi feci mettere a letto, ma prima di addormentarmi pensai che quel giorno era stato davvero spassoso, proprio come tanti altri già trascorsi: la gita sulla neve, le serate per i pub, ancora per il lago e tutte le altre volte che Andrea c'è stato, compresi i momenti più difficili, in cui un vero amico ti resta accanto per condividere comunque ogni possibile evento.
Ad ogni ritorno avrei voluto dirgli grazie, e forse tante volte, quando la malattia mi ha stretto più forte, non ho potuto nemmeno esserci nelle sue tempeste, ma so che avrò tante altre occasioni per farlo e so che egli ha sempre saputo ascoltare quanto mi ha reso sereno, dato che nella nostra amicizia certi pensieri restano trasparenti come le acque di quel lago.

(Al grande skipper Andrea Porta che sa navigare in ogni mare e in ogni cuore)